ZSC Fondali Noli-Bergeggi

ZSC Fondali Noli-Bergeggi

L’Ente gestore della ZSC Fondali Noli-Bergeggi (IT1323271) è il Comune di Bergeggi (L.R. 10 luglio 2009, n. 28. Disposizioni in materia di tutela e valorizzazione della biodiversità); le misure di salvaguardia per l’habitat di cui all’Allegato I della direttiva 92/43/CEE ai sensi della L.R. 28/2009 sono state stabilite dalla Giunta Regionale con la D.G.R. 1507/2009. Il sito è stato designato ZSC con Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 13 ottobre 2016, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 253 del 28 ottobre 2016.

Il sito, distinto in 3 subsiti, è caratterizzato da praterie di Posidonia oceanica e da tratti rocciosi con formazioni a coralligeno.
Il subsito più meridionale, antistante Noli, comprende una prateria di P. oceanica di circa 40 ha, che nella sua parte settentrionale, al confine con Spotorno, si allarga e si avvicina a riva.
Gli altri 2 subsiti comprendono una prateria di P. oceanica che si estende tra Spotorno e Bergeggi, con una superficie di 80 ha.

La prateria è frammentata e presenta vari segni di regressione e zone caratterizzate da “matte” morta, probabilmente a causa degli impatti dovuti al rimaneggiamento della linea di costa nel corso del secolo scorso.

Visti gli elevati pregi naturalistici della odierna ZSC fondali Noli – Bergeggi, in zona sono stati condotti nelle ultime decadi moltissimi monitoraggi ambientali (alcuni pubblicati su: https://www.ampisolabergeggi.it/296/studi-e-pubblicazioni/monitoraggi-scientifici/; http://www.remare.org/pubblicazioni),  studi e ricerche, tanto da perfezionare per ben 4 volte diverse i suoi confini che dall’originale pSIC hanno portato ad un ampliamento di superficie di ben 3,7 volte (da 103 ha a 380 ha).

Le misure di salvaguardia per l’habitat di cui all’Allegato I della direttiva 92/43/CEE ai sensi della L.R. 28/2009 sono state stabilite dalla Giunta Regionale con la D.G.R. 1507/2009.

Misure di Conservazione sito specifiche per i SIC marini liguri

Cartografia Regione Liguria

Cartografia MIPAAF

La Posidonia oceanica

(Da “Relazione finale del monitoraggio delle praterie di Posidonia oceanica dell’AMP Isola di Bergeggi”, C. Nike Bianchi, M. Montefalcone e C. Morri; 2009)

 Posidonia oceanica L. (Delile) è una pianta superiore (fanerogama) marina endemica del Mediterraneo, in grado di sviluppare estese praterie dalla superficie del mare fino ad una profondità massima di circa 40 m. Le praterie di P. oceanica rivestono un ruolo fondamentale per l’equilibrio degli ecosistemi marini costieri e svolgono un ruolo esclusivo per la protezione dei fondali e dei tratti di litorale antistanti.

Le praterie stanno subendo un progressivo ed intenso fenomeno di regressione in molte aree del Mediterraneo, sia a causa degli effetti diretti di distruzione conseguenti l’intensa urbanizzazione della fascia costiera, sia a causa di effetti indiretti (erosione dovuta ai cambiamenti nel regime delle correnti, insabbiamento, regressione delle parti profonde delle praterie a causa dell’aumento della torbidità dell’acqua, etc.).
In Liguria, in particolare, l’intenso sviluppo industriale ed urbano avvenuto a cavallo degli anni ’60 del secolo scorso ha provocato un massiccio declino delle praterie di P. oceanica e le cause principali sembrano essere state l’aumento di torbidità delle acque e l’infangamento dei fondali, alle quali si devono poi aggiungere una ampia serie di impatti locali. Evidenze sperimentali hanno inoltre segnalato come la regressione delle praterie di P. oceanica sia spesso accompagnata dalla ricolonizzazione della “matte” morta da parte di una serie di potenziali sostituti che possono essere o un’altra fanerogama marina comune in Mediterraneo, Cymodocea nodosa, che è una specie più tollerante di P. oceanica, oppure le alghe verdi del genere Caulerpa, ovvero C. prolifera (endemica del Mediterraneo) e le due specie invasive C. taxifolia (non ancora presente nel comprensorio di Bergeggi, ma raffigurata a sinistra a scopo conoscitivo) e C. racemosa (raffigurata a destra).

Tutti i sopraccitati sostituti possiedono una più bassa capacità a funzionare sia come “ingegneri” sia come “strutturanti” dell’ecosistema rispetto alla stessa P. oceanica. La regressione delle praterie di P. oceanica può quindi portare ad un “cambiamento di fase” nell’ecosistema, che inizia con la comparsa della “matte” morta per poi evolvere, aggravandosi, verso la sostituzione con altre specie a minore capacità strutturanteFortunatamente negli ultimi decenni diversi sforzi sono stati fatti per tutelare e salvaguardare le praterie di P. oceanica: la specie è citata nell’Annesso I (specie rigorosamente protette) della Convenzione di Berna e nell’Annesso II (specie minacciate) del Protocollo delle Aree Specialmente Protette della Convenzione di Barcellona. Le praterie di P. oceanica sono inoltre state inserite tra gli habitat prioritari nell’Annesso I della Direttiva “Habitat” EC 92/43/EEC del 21 maggio 1992 relativa alla Conservazione degli Habitat Naturali e della Fauna e della Flora Selvatiche. La Direttiva definisce questi habitat prioritari come Siti di Interesse Comunitario (SIC), la cui conservazione richiede la designazione di Aree Speciali di Conservazione. Qualsiasi intervento antropico lungo la fascia costiera, qualora in presenza di una prateria di P. oceanica nel tratto di mare antistante, deve necessariamente essere sottoposto ad una Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) che verifichi l’immunità della prateria stessa all’intervento programmato.
L’Annesso V della Direttiva Quadro per le Acque (WFD, 2000/60/EC) dichiara che le fanerogame marine sono da considerarsi degli elementi biologici di qualità che devono essere usate negli studi di monitoraggio ambientale per definire lo stato ecologico delle acque costiere, poiché sono altamente sensibili ai disturbi antropici.

Il Mar Ligure è soggetto a cambiamenti nella composizione faunistica e floristica indotti dall’uomo. In particolare, le invasioni biologiche rappresentano, insieme alla distruzione di habitat, la maggior causa di perdita di biodiversità. In mare le invasioni biologiche sono molto diffuse, a causa dell’alto numero di vettori di introduzione pimaria (traffico marittimo, acquicoltura, apertura di canali, acquariologia) e secondaria (traffico marittimo, pesca). Il Mar Mediterraneo è un hot spot di biodiversità e, allo stesso tempo, uno dei bacini più coinvolti nell’introduzione di specie alloctone. Alcune invasioni di macroalghe in Mediterraneo sono considerate “senza precedenti”, per la rapidità e l’area di espansione (es. C. racemosa), ma anche per l’interesse mediatico suscitato (es. C. taxifolia). Il caso della C. taxifolia sucitò talmente scalpore negli anni ’90, che il noto scrittore torinese Nico Orengo ne narrò la storia nella “Guerra del basilico”. Durante i numerosi work shop sull’argomento, si ipotizzò addirittura di proporre al Governo francese di utilizzare parte delle tasse sul fumo per sviluppare progetti di “lotta all’alieno”!
Nonostante le regolamentazioni e le azioni di conservazione messe in atto nelle aree marine protette, le perturbazioni a grande scala (cambiamento climatico, invasioni biologiche, sversamenti di idrocarburi) possono rappresentare una minaccia anche per le Aree Marine Protette, che costituiscono i santuari della protezione e conservazione della natura in mare, ovvero i “forzieri della biodiversità”.

L’alga verde C. racemosa è stata rinvenuta per la prima volta nelle acque di Bergeggi nel 2000.

 

mappa area marina protetta bergeggi